Diario di un amministratore
Diario di un amministratore – Tutto quello che leggerete è vero. Ma la verità, com’è noto, è sempre un po’ distorta dalla lente con cui la guardiamo. Io ho scelto l’ironia, altrimenti certe giornate non passerebbero mai. La vita di un amministratore di condominio è un continuo scontro con l’assurdo, e stamattina, neanche troppo sorprendentemente, non fa eccezione.
Richieste Stravaganti e Surreali
Apro la casella di posta e trovo una email da uno sconosciuto. Il nome non mi dice nulla, e di certo non è uno dei miei condomini. Eppure eccolo lì, a chiedermi come ripartire i millesimi dopo aver diviso il suo appartamento a metà. Leggo e rileggo, come se da qualche parte ci fosse un indizio, uno scherzo nascosto, ma no. La domanda è seria.
È chiaro che non sta cercando una risposta tecnica, non veramente. Vuole solo una conferma, una benedizione esterna. Ha già un amministratore di condominio, ma si è convinto che quello non sia all’altezza, e ora, per qualche motivo insondabile, crede che io possa offrirgli la certezza che cerca. Forse pensa che dall’altra parte dello schermo ci sia un’autorità, una saggezza che non ha trovato altrove.
Rispondo che dovrebbe rivolgersi al suo amministratore, senza troppe spiegazioni. La mia email è cortese, certo, ma c’è una freddezza implicita, come quando fai una carezza sapendo che non cambierà nulla. Non ho né la voglia né l’interesse di entrare nei suoi casini personali. Quello che cerca da me è la conferma alla sua deduzione. Non do nessuna risposta, non posso, e forse nemmeno voglio. In fondo, non ha senso complicarsi la vita per chi non conosci. Ho già abbastanza da fare con le mie scadenze, i miei conti, i miei condomini da pacificare.
Morale della favola: se avete un problema, rivolgetevi al vostro amministratore. Se non ne avete uno, procuratevene uno. E se non vi soddisfa, cambiatelo. Ma per l’amor del cielo, non disturbate quello del palazzo di fronte!
Frustrazione e Capro Espiatorio
Non ho nemmeno il tempo di chiudere l’email che il telefono squilla. La voce dall’altra parte è immediatamente aggressiva, imperiosa, come se stesse impartendo un ordine a un soldato piuttosto che a un professionista. Mi chiede un preventivo per la gestione del suo condominio, ma il tono tradisce un’impazienza e un fastidio che vanno oltre il semplice atto della richiesta.
Gli chiedo informazioni fondamentali sul condominio, domande che sembrano scontate, e scopro che non è in grado di rispondere. È allora che realizzo: non è un preventivo quello che cerca. La sua richiesta è solo un pretesto, un modo per canalizzare un risentimento che non ha nulla a che vedere con la gestione condominiale. In realtà, sta cercando un confronto.
Inizia a raccontarmi di quanto sia incompetente il suo attuale amministratore, quasi con una punta di compiacimento. Lo descrive come un disastro ambulante, come la causa di tutti i suoi problemi. Basta poco per capire che la rabbia che ha dentro non è diretta verso il professionista, ma verso qualcos’altro, qualcosa che non può controllare. La sua vita, forse. Il condominio diventa solo lo sfondo su cui proietta la sua frustrazione.
Lo ascolto, lasciando che le sue parole si consumino da sole. Quando finalmente riesco a parlare, provo a suggerire, con tutta la calma possibile, che forse il problema non è solo l’amministratore, ma anche i condomini stessi, che potrebbero non rispettare i loro obblighi. La reazione è immediata: “L’amministratore dovrebbe recuperare le morosità con la forza!”, dice. Come se fossimo in un western, con avvocati al posto dei pistoleri e decreti ingiuntivi al posto delle pistole. È ridicolo, ma è anche la sua realtà.
Capisco che l’uomo non vuole una soluzione. Vuole una lotta. Vuole un capro espiatorio. Forse vede nel suo amministratore lo specchio di tutto ciò che non funziona nella sua vita, e distruggendolo pensa di risolvere i suoi problemi. La cosa mi diverte, in un certo senso. Mi lascia sempre perplesso come le persone riversino sugli altri le proprie mancanze, convinti che, risolvendo un conflitto esterno, si possa sanare un vuoto interno.
Ascolto, annuisco, mi faccio carico di conflitti che non mi appartengono, provo a trovare soluzioni, sapendo già che non saranno mai soddisfacenti. Ogni giorno è una guerra di piccole proiezioni, una costante negoziazione tra la realtà e le aspettative irrealistiche che le persone hanno.
Forse è questo che rende questo lavoro così estenuante: non la gestione dei condominii, ma la gestione di alcune persone. Dietro ogni domanda, dietro ogni pretesa assurda, c’è qualcosa di più. Un’insicurezza, una paura, un desiderio di controllo su qualcosa che sfugge.
E così, mentre apro l’ennesima email o rispondo all’ennesima chiamata, mi chiedo se, in fondo, non sia tutto un pretesto per evitare il vero problema.
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